Paolo Crepet
"La vita sociale?
Chi sa come cambierà"
GIUSEPPE ZOIS
Adesso tutto cambierà: la nostra vita, le abitudini, le relazioni, il modo di consumare. Anche quando il coronavirus se ne sarà andato o sarà stato sconfitto. Paolo Crepet paragona il Covid-19 alla peste di Venezia del 1630. Non nasconde la sua preoccupazione, a tratti la sua inquietudine, mentre fa scorrere un po’ di scenari per "il Caffè" sull’andamento della catastrofe e le sue conseguenze. Frontiere chiuse a discrezione nazionale, "de profundis" per Schengen, chissà quale Europa resterà. E danni economici incalcolabili, dell’ordine di miliardi per ciascuno Stato, secondo il proprio ordine di Pil.
L’analisi parte da lontano: "Bill Gates aveva capito tutto con largo anticipo. Il vero pericolo non è la bomba atomica, non è la Corea del Nord, ma i virus. Abbiamo sottovalutato. C’era un delirio di onnipotenza. Sfrontati anche nella presunzione".
E quindi? "Avanti come sul Titanic: vita allegra, pranzi e cene al ristorante, l’apoteosi della società dei consumi. Poi, appena arriva una batosta come il coronavirus, tutti giù per terra".
Psichiatra, sociologo, educatore, saggista e grande comunicatore: Paolo Crepet, 68 anni, ha analizzato ogni genere di tragedia, bufera, emergenza, da quelle individuali alle più estese, addirittura globali, come la pandemia partita da Wuhan.
Strategie concentriche contro il nemico invisibile che però avanza spavaldo e beffardo con capacità impressionante di contagio.
Nemmeno un addetto ai lavori da psichiatra e sociologo sa dire cosa stia succedendo: "Nessuno lo sa finché non troveranno questo benedetto kit che ci dice se - anche senza sintomi - abbiamo contratto il coronavirus. Potremmo trasmetterlo inconsapevolmente".
Dall’arco di Crepet parte una freccia mirata: "Fino a non molto tempo fa c’era lo schieramento ideologico dei no-vax, contrari per principio alle vaccinazioni. Io vorrei chiedere a queste signore e signori come si regolerebbero se ci fosse il vaccino oggi contro il coronavirus. Si sottoporrebbero o no? Abbiamo denigrato la scienza".
Intanto però tocca tirare avanti fra mille interrogativi, dubbi e angosce. "Non possiamo far altro che imparare a convivere. Dubito di tutti quelli che danno le risposte come ai telequiz. Chi può dire come riprenderà la vita sociale? Il problema vero è che siamo avvolti da una grande incertezza. Oggi è così, e domani? Fino all’altro giorno c’era un’Europa in cui si girava come se tutti fossimo lo stesso popolo, adesso non puoi più uscire nemmeno da casa, dalla tua città. E tutto questo in tre settimane. Già il vivere coatti in casa, per un periodo indeterminato, è per molti un’esperienza allucinante. L’importante è riuscire a restare un po’ sereni. Ognuno reagisce a modo suo: chi ritrova se stesso nella solitudine, chi sprofonda nella disperazione, rapporti che si consolidano e matrimoni che si sfasciano. A Wuhan si è registrato il 30% di separazioni".
L’obbligo di stare in casa costringe a riflettere. Forse si capisce che è l’unico modo per venirne fuori. Ma attenti: "Se la gente si illude che questa sia una situazione passeggera, sbaglia di grosso. Questa è come la peste del Manzoni. Rispetto a 4 secoli fa abbiamo il vantaggio della consapevolezza, la scienza ha fatto progressi enormi, ci sono ospedali attrezzati, medici, infermieri, c’è la sperimentazione di nuovi farmaci".
Sono in molti a chiedersi se all’uscita dal labirinto, come comunità saremo un po’ irrobustiti o ci chiuderemo ancora di più in noi stessi e nelle poche, indebolite certezze. Il barometro dello psichiatra-sociologo prevede un po’ e un po’: "Ricordiamoci del 1929. Da quando abbiamo le statistiche sul suicidio è l’anno in cui ci fu il più alto numero di persone al mondo che si tolsero la vita. Auguriamoci che non sia così, però qualcuno che può perdere la speranza, temo che ci sarà".
Autodiagnosi del dottor Crepet, che abita in campagna e può concedersi qualche passeggiatina: "Sono al riparo dallo spettro delle grandi città vuote, che mette addosso angoscia. Vivo in piedi, senza farmi illusioni, affidandomi alla scienza e alla medicina. Se vogliamo essere responsabili verso noi stessi e gli altri, dobbiamo impegnarci perché con il nostro comportamento la curva quotidiana su malati, contagiati, ricoverati ingrani la discesa". Non servono i riti vudù, ma la ragione. Coraggio, passione, amicizia, libertà: quattro dei titoli più recenti di Crepet sembrano cartelli segnaletici per uscire dal tunnel.
22.03.2020