Dalla scienza all'economia, ecco il punto sul vaccino
Strategie e tattiche
contro il coronavirus
NATASCHA FIORETTI
Le notizie sul vaccino contro il Covid si rincorrono. La Russia tenta l’azzardo e per prima dice di averlo, l’ospedale romano Spallanzani inizia la sperimentazione sull’uomo, la Confederazione annuncia un importante accordo con l’azienda usa Moderna per l’acquisto di 4,5 milioni di dosi e la Commissione europea firma un contratto per trecento milioni di dosi con la britannica AstraZeneca, che aveva temporaneamente interrotto i test clinici per una reazione avversa seria e non spiegabile, riprendendoli negli ultimi giorni. Attualmente sono svariati i vaccini entrati nella fase tre e tra questi anche Moderna, che sin dalla sua fondazione (2010) non ne ha mai messo uno sul mercato. C’è chi solleva perplessità sulla sua nuova tecnica genetica e chi attribuisce la sua immagine di azienda leader a un’abile campagna di marketing. Il Caffè ha chiesto a vari esperti cosa significa essere arrivati alla fase tre e quali i passi successivi.
Alessandro Ceschi
Dir. medico e scientifico Istituto Scienze Farmacologiche, 42 anni
"Non ci saranno quantità illimitate e inizialmente non sarà per tutti"
Direttore medico e scientifico dell’Istituto di Scienze Farmacologiche della Svizzera Italiana, il professor Alessandro Ceschi spiega che "i vaccini nella fase tre vengono testati su un ampio collettivo di volontari per avere dati finali avanzati sull’effettiva efficacia e sicurezza in diverse fasce della popolazione". Data la grande fretta "alcune fasi sono combinate. È importante che i criteri fondamentali siano applicati in modo rigoroso". Secondo l’iter "i risultati vengono sottoposti alle autorità normative di competenza come Swissmedic. Queste valutano se il vaccino sia efficace e sicuro". Una volta in utilizzo nella popolazione vanno "monitorati non solo gli effetti ma la sicurezza del vaccino. Su questo fronte come Istituto ci stiamo già muovendo con una proposta a Swissmedic". Supposto sia pronto "non sarà disponibile in dosaggi illimitati e non sarà possibile vaccinare da subito tutta la popolazione. Andrà chiarita la capacità di produzione dell’azienda, le procedure di approvvigionamento, le questioni del trasporto e della distribuzione. Le autorità competenti, in primis l’Ufficio della sanità, dovranno indicare a quali fasce della popolazione andrà indirizzato prioritariamente". C’è chi parla di un’eventuale obbligatorietà "è precoce parlarne. Prima si dovranno soddisfare una serie di criteri e di condizioni e pensare a come garantire l’accesso al vaccino senza barriere finanziarie o logistiche".
Simon Evenett
Economista, professore di commercio internazionale, 51 anni
"I Paesi poveri, con meno risorse riceveranno le cure con molto ritardo"
Economista, professore di commercio internazionale e sviluppo economico, Simon Evenett ha appena pubblicato un ebook dal titolo Covid 19 e le politiche commerciali: perché chiudersi non funzionerà. Secondo il professore dell’Università di San Gallo nel mondo globalizzato post crisi finanziaria abbiamo assistito ad una decrescita, in alcuni casi, ad uno stallo del commercio internazionale. Questa situazione si è accentuata con il Covid nel momento in cui molte nazioni hanno imposto delle restrizioni sulle esportazioni di forniture mediche e alimentari. Supponiamo di avere il vaccino, assisteremo ad una cooperazione globale? "Sarebbe auspicabile ma i segnali che arrivano dai governi dicono il contrario. Abbiamo visto molti governi acquistarlo in anticipo dai loro fornitori. L’azienda biofarmaceutica Astrazeneca ha venduto al governo inglese i diritti per acquistare 300 milioni di vaccini che ancora non ci sono. Voglio dire, non sanno nemmeno se funzionerà. Vediamo dunque come le grandi aziende farmaceutiche si impegnano a rifornire certi governi e non necessariamente il mercato globale. Significa che i paesi poveri con meno risorse avranno il vaccino con molto ritardo rispetto agli altri. Visto l’atteggiamento nazionalista emerso intorno al vaccino, ritengo molto improbabile che ci sarà una distribuzione equa".
Yann Hulmann
Portavoce dell’Ufficio federale della sanità, 41 anni
"Moderna è promettente, i suoi risultati sono positivi"
La Confederazione ha stipulato un contratto con Moderna per l’acquisto di 4,5 milioni di dosi. Yann Hulmann, portavoce dell’Ufficio federale della sanità pubblica (Ufsp), spiega che è stata scelta perché "il suo vaccino è molto promettente, lo sviluppo è in fase avanzata e i dati scientifici sono molto positivi. Nel momento in cui il vaccino supererà gli ulteriori test clinici e sarà approvato per il mercato svizzero, il nostro Paese avrà rapido accesso a questo antidoto". Contemporaneamente la Confederazione guarda anche ad altri produttori "non si può dire con certezza quale azienda arriverà fino in fondo, diversificare la domanda aumenta le possibilità di avere un veloce e sicuro accesso al vaccino". Il comunicato stampa dell’Ufsp del 7 agosto dice che la Svizzera sostiene progetti multilaterali volti ad assicurare una distribuzione equa del futuro vaccino. "Quella della distribuzione equa è una questione alla quale la Svizzera fa molta attenzione. Per questo siamo impegnati sul fronte della ricerca, del coordinamento internazionale, dell’approvvigionamento e di una distribuzione equa del futuro antidoto". La Svizzera "sostiene l’organizzazione mantello Access to Covid-19 Tools (Act) Accelerator che coordina organizzazioni di rilevanza internazionale come l’Oms, la Coalition for Epidemic Preparedness Innovation (Cepi) e Gavi the Vaccine Alliance (Gavi)".
Gavi alleanza mondiale
Cooperazione di soggetti pubblici e privati
"Noi miriamo a fornire 2 miliardi di dosi sicure ed efficaci entro il 2021"
Gavi, l’Alleanza mondiale per le vaccinazioni, è una cooperazione di soggetti pubblici e privati che collabora con governi e produttori per migliorare l’accesso all'immunizzazione delle popolazioni in Paesi poveri. Secondo un suo portavoce, Gavi si impegna ad assicurare un accesso equo per tutti, "è tra i promotori dell’iniziativa Covax Global Vaccines facility, uno sforzo globale per assicurare in tempi rapidi un vaccino efficiente e equo. Covax mette al servizio di tutti le competenze per accellerare lo sviluppo, la produzione e la consegna dei vaccini". Quasi duecento i Paesi che hanno aderito all’iniziativa con il portafolio di vaccini più ampio e diversificato al mondo che mira a fornire 2 miliardi di dosi sicure ed efficaci entro la fine del 2021.
In linea con il quadro di assegnazione dell’Oms "ci sarà una prima tranche di dosi che verrà consegnata a tutti i Paesi partecipanti con l’intenzione di vaccinare quei gruppi ritenuti prioritari come gli operatori sanitari e sociali. La consegna dei vaccini continuerà man mano che verrano prodotti fin quando tutti avranno ricevuto la quantità necessaria. Covax è l’unica inziativa a livello globale che garantisce uguale accesso senza distinzione tra Paesi a reddito più alto e più basso". La Svizzera sostiene Gavi con 30 milioni di franchi.
Jean-Paul Saija
Co-ceo di Mindnow, agenzia digitale, 44 anni
"Gli under 25 dicono sì per difendere la qualità di vita"
Da un’indagine condotta dall’agenzia digitale zurighese Mindnow su un campione di 1700 persone residenti nei diversi cantoni e appartenenti a diverse fasce di età è emerso che sull’intero campione il 47,1% si lascerà vaccinare, il 35,6% è indeciso e l’11,2% è contrario. Gli over 65 (65%) sono i più favorevoli, le donne (43%) si dimostrano più scettiche rispetto agli uomini (54%). Indeciso (40%) è anche chi appartiene alla fascia d’età compresa tra i 35 e i 54 anni. Ci sono delle differenze anche tra i diversi cantoni: nella Svizzera orientale c’è più scetticismo nei confronti del vaccino rispetto alla Svizzera centrale e al Ticino. Jean-Paul Saija, Co-Ceo di Mindnow ci dice che "l’indagine chiedeva agli svizzeri come hanno trascorso questa prima parte dell’anno e come vedono il futuro. In particolare li preoccupa il fatto che nulla sarà più come prima (29,1%) e che possa esserci un nuovo lockdown (24,4%)". Emerge anche che le generazioni più giovani sono più propense a farsi vaccinare rispetto agli over 35 "gli under 25 sanno che non avranno più una vita così tranquilla come i loro genitori, avvertono che c’è stata una diminuzione della qualità della vita. Gli over 65 invece sono cresciuti in un tempo in cui vaccinarsi equivaleva a salvarsi la vita".
12.09.2020