Confronto su una discussa decisione della Corte europea

Se i dipendenti rubano
allora si possono spiare
allora si possono spiare
CLEMENTE MAZZETTA
Est modus in rebus. Ovvero è tutta questione di misura. La Corte europea dei diritti dell’uomo ha sentenziato che si possono videosorvegliare i propri dipendenti a loro insaputa per scoprire se rubano. La decisione, che coinvolge anche la Svizzera in quanto Paese membro del Consiglio d’Europa, entra però in contrasto con le norme elvetiche, più garantiste. La decisione chiude una causa decennale in Spagna dove il direttore di un supermarket, rilevando un ammanco di 82mila euro, fece installare delle telecamere puntate sulle casse. I dipendenti sorvegliati a loro insaputa, colti in flagrante e licenziati, fecero ricorso per violazione della privacy. Ma per i giudici di Strasburgo il mancato avviso della videosorveglianza è da ritenersi giustificato dalla grave colpa e dall’entità della perdita economica subita dal supermercato, per un principio di proporzionalità. Insomma, hanno rubato troppo. Per la Corte europea, la privacy è assoluta nei bagni e nei guardaroba, elevata negli uffici, più limitata negli spazi pubblici visibili a terzi (come appunto le casse).
c.m.
Il rapporto di lavoro deve essere basato sulla fiducia reciproca
Graziano Pestoni
Sindacalista, presidente dell’Unione sindacale svizzera Moesa e Ticino
Il rapporto fra datore di lavoro e lavoratore deve essere primariamente improntato alla fiducia e alla correttezza. Dev’essere all’insegna della buona fede. Per questo da un punto di vista sindacale non possiamo che essere contrari a sistemi generalizzati di videocontrollo sul posto di lavoro. Ne va di mezzo la libertà individuale, la dignità del lavoratore, il senso stesso del lavoro.
Non so con quali argomenti la Corte europea abbia sentenziato che è possibile spiare i dipendenti a loro insaputa per motivi gravi, per scoprire i responsabili di eventuali furti. Ritengo però che questa decisione non serva per migliorare le condizioni di lavoro. Va nella direzione sbagliata.
Operiamo già in un contesto dove le nuove tecnologie permettono un controllo di ogni nostro movimento, di ogni nostra azione: si pensi ad esempio come possa essere facile controllare il lavoro di una cassiera al supermercato. Non penso sia opportuno andare oltre, inserendo anche una telecamera.
L’esperienza inoltre insegna che gli impianti di videosorveglianza provocano sentimenti negativi nei lavoratori interessati, generano una sensazione di sfiducia, di sospetto, inserendo un forte elemento di negatività Deteriorano l’ambiente di lavoro nel loro complesso, configurandosi quasi come un atto di aggressione verso i dipendenti Un controllo esasperato non solo può pregiudicare il benessere fisico e psicologico e di conseguenza l’efficienza del dipendente, ma alla fine si ripercuote sulla produzione, o in caso di servizio sul cliente. Detto in modo più chiaro ritengo che eccesso di controllo nuocia alla qualità del lavoro. I contratti di lavoro, fondati appunto sui rapporti di fiducia, non prevedono controllo generalizzati, non per un discorso di impunità, ma per un discorso di correttezza. Nel senso che vanno perseguite le eventuali responsabilità individuali, ma con un’inchiesta precisa, non generalizzata. Non mettendo sotto controlli tutti.
È una decisione che entra in contrasto con le nostre leggi
Roberta Bazzana Marcoli
Avvocato, specialista in "compliance management"
La decisione della Corte europea dei diritti dell’uomo, che ha ritenuto ammissibile l’installazione di telecamere nascoste sul luogo di lavoro, per scoprire gli autori di furti commessi dai lavoratori - a loro insaputa - farà indubbiamente discutere. La Svizzera dovrà considerare se allinearsi o meno a questa sentenza. Si tratta infatti di una decisione che risulta essere in contrasto con quanto riconosciuto in una recente sentenza del Tribunale Federale. In questa occasione, il Tribunale federale ha precisato che l’installazione di un sistema di sorveglianza sul luogo di lavoro - posizionata ad insaputa dei lavoratori al fine di scoprire eventuali furti - è un provvedimento coercitivo ai sensi della procedura penale e deve pertanto essere ordinata dal procuratore pubblico e validata da un giudice. La semplice iniziativa del datore di lavoro non è legittima nemmeno in casi di sospetto di reato.
Al di fuori dei casi di "sospetto di reato", ma quando i sistemi di sorveglianza sono necessari per motivi di sicurezza o produzione, l’installazione di questi sistemi è lecita lecita a condizione che rispetti il principio di trasparenza: i dipendenti devono essere informati della loro esistenza e delle modalità di ripresa, così come previsto dall’articolo 26 dell’ordinanza 3 della Legge del lavoro. Il datore di lavoro deve ponderare i reali interessi in gioco considerando - come hanno evidenziato studi di settore - che gli impianti di sorveglianza possono provocare sentimenti negativi nei lavoratori o anche pregiudicarne la salute psico-fisica.
In altre parole, occorre stabilire se ne vale la pena, ovvero quale è l’interesse preponderante fra la sicurezza dei lavoratori, quella di terzi e quella dei beni da proteggere. La sorveglianza deve quindi essere necessaria, sussidiaria e proporzionale. Ma anche in questo caso deve essere concepita in modo da "non pregiudicare la salute e la libertà di movimento dei lavoratori".
03.11.2019
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